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Social media: in 30 anni testi e linguaggi appiattiti, “specchio” dell’(in)evoluzione culturale

Roma, 3 dicembre 2024 – Testi più brevi e scarsa varietà lessicale. In 30 anni di Internet le interazioni sui social media si sono appiattite ed estremamente semplificate. Cambiamenti, questi, che non dipendono dalle piattaforme specifiche, ma sembrano riflettere dinamiche più ampie e trasversali del comportamento umano online, che possono influire sul modo in cui formiamo e condividiamo idee. Queste, in estrema sintesi, sono le conclusioni di uno
studio condotto dal team di Walter Quattrociocchi del Dipartimento di Informatica della Sapienza Università di Roma, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista rivista PNAS (Proceedings of the National Academy of Sciences). Dall’analisi di 300 milioni di commenti in inglese provenienti da Facebook, Twitter, Reddit, YouTube, Telegram ed altre piattaforme, emerge una riduzione costante della complessità e della ricchezza linguistica nei commenti degli utenti che continuano però a introdurre nuove parole ad un ritmo quasi costante. “La nostra analisi – spiega Quattrociocchi – evidenzia che, sebbene le piattaforme abbiano un’influenza limitata sulla complessità linguistica dei commenti, riflettono un fenomeno più ampio di evoluzione linguistica guidata dai trigger sociali. Questo suggerisce l’esistenza di tendenze intrinseche nelle interazioni online degli utenti, paragonabili ai processi storici di ibridazione e contaminazione linguistica, storicamente riconosciuti”. Il lavoro mostra che, nel tempo, i testi sono diventati più brevi, la varietà lessicale è diminuita e i commenti risultano meno ripetitivi. “Questa semplificazione del linguaggio potrebbe influire sul modo in cui formiamo e condividiamo idee e sul dibattito pubblico”, spiega Quattrociocchi. “Ci mostrano non solo l’impatto tecnologico, ma anche come si evolvano le nostre interazioni sociali e culturali”, aggiunge. Inoltre, lo studio ha evidenziato un legame tra la maggiore attività degli utenti e le dimensioni del vocabolario. In modo coerente tra diversi argomenti e piattaforme social, la maggior parte degli utenti che partecipa con livelli molto bassi utilizza tipicamente fino a 10 parole uniche, ovvero un vocabolario relativamente limitato. A livelli più alti di interazione tra gli utenti sono associati distribuzioni del vocabolario più alte ed una maggiore ricchezza lessicale. Mentre le distribuzioni delle dimensioni del vocabolario mostrano generalmente coerenza tra varie piattaforme social, sembra che specifici argomenti richiedano vocabolari più ampi. Lo studio sottolinea che la semplificazione linguistica potrebbe essere influenzata dai modelli di business delle piattaforme, progettati per favorire l’engagement. Questo, a sua volta, potrebbe incidere sulla qualità del dibattito e sulla diversità di idee espresse online. “Sulle piattaforme dei social media, il linguaggio progettato è favorito dagli algoritmi che danno priorità ai contenuti virali”, evidenzia Quattrociocchi. “Di conseguenza, l’omogeneizzazione del linguaggio potrebbe verificarsi più rapidamente, riducendo la diversità linguistica. Ma la convergenza verso un linguaggio comune, semplificato e standardizzato, rischia di omologare il discorso pubblico, accentuando fenomeni di polarizzazione”, conclude.

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